Tra le preghiere antiche e affermate troviamo il rosario e le litanie. A queste vanno aggiunte la meditazione personale sulla vita di Gesù, di Maria e dei santi e ovviamente le canzoni religiose popolari, che una volta la gente cantava a casa, lungo il percorso e in chiesa.
“Desidero che l’indulgenza giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio, la quale a tutti va incontro con il volto del Padre che accoglie e perdona, dimenticando completamente il peccato commesso. Per vivere e ottenere l’indulgenza i fedeli sono chiamati a compiere un breve pellegrinaggio verso la Porta Santa come segno del desiderio profondo di vera conversione.”
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Con queste parole Papa Francesco ha proclamato l’anno giubilare della Misericordia divina, che è durato dall’Avvento del 2016 alla festività di Cristo Re dell’Universo del 2017. Ha esortato tutti i vescovi a individuare, all’interno delle proprie diocesi, almeno una chiesa dell’Anno Santo. In armonia con questo desiderio del Papa l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, ha conferito al Santuario del Lussari il privilegio dell’Anno Santo. I pellegrini che hanno attraversato la Porta Santa e soddisfatto altre condizioni hanno ricevuto l’indulgenza plenaria.
Che cosa si richiede per ottenere l’indulgenza giubilare?
Papa Francesco ha stabilito che è necessario compiere “un breve pellegrinaggio verso la Porta Santa, aperta in ogni Cattedrale o nelle chiese stabilite dal Vescovo diocesano, e nelle quattro Basiliche Papali a Roma, come segno del desiderio profondo di vera conversione. […] È importante che questo momento sia unito, anzitutto, al sacramento della Riconciliazione e alla celebrazione della santa Eucarestia con una riflessione sulla misericordia. Sarà necessario accompagnare queste celebrazioni con la professione di fede e con la preghiera per me e per le intenzioni che porto nel cuore, per il bene della Chiesa e del mondo intero”.
Infine, l’indulgenza giubilare può essere ottenuta anche per le persone defunte. “A loro siamo legati per la testimonianza di fede e di carità che ci hanno lasciato. Come li ricordiamo nella celebrazione eucaristica, così possiamo, nel grande mistero della comunione dei Santi, pregare per loro, perché il volto misericordioso del Padre li liberi da ogni residuo di colpa e possa stringerli a sé nella beatitudine che non ha fine”.
Dalla bolla «Misericordiae Vultus», con cui Papa Francesco ha indetto l’anno giubilare straordinario della misericordia
Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio.
Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia. Conosciamo queste parabole, tre in particolare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli (cfr Lc 15,1-32). In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.
Da un’altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,22), e raccontò la parabola del “servo spietato”. Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito. Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare. Allora il padrone, venuto a conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: «Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (Mt 18,33). E Gesù concluse: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,35).
La parabola del servo spietato contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù afferma che la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira» (Ef 4,26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo.
Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il Suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.
L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa «vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia». Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.
La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre.
La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia.
Preghiera di Papa Francesco per il Giubileo
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, e ci hai detto che chi vede te vede Lui. Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro; l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura; fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito.
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, del Dio che manifesta la Sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia: fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore: fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia a Te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
Amen
Confessione, consulenza spirituale, esercizi spirituali
Il pellegrinaggio è un’antica forma di devozione cristiana, che mira a avvicinare l’uomo a Dio. Tale vicinanza o riconciliazione con Dio include la riconciliazione con gli uomini e col creato. Quindi il pellegrinaggio non è un evento di una volta, ma è un processo. In tempi in cui non c’erano ferrovia, automobili e aerei, il pellegrinaggio durava più giorni, settimane o addirittura mesi. In tale periodo il pellegrino, ritirato dagli impegni di ogni giorno e dai contatti con le persone, con l’aiuto divino conosceva meglio se stesso e il mondo. Così come all’alpinista in cima alla montagna si amplia l’orizzonte, al pellegrino si amplia l’orizzonte spirituale, affinché veda meglio qual è lo scopo della sua vita e quale strada ce lo condurrà.
Alla luce di tale rivelazione il pellegrino vede anche le strade sbagliate, che non lo conducono alla meta. Nella confessione, che è il sacramento di riconciliazione con Dio e con gli uomini, il pellegrino si pente di tutte le sue azioni, di tutte le scelte e di tutta la negligenza, che lo hanno fatto allontanare dalla meta. Nella consapevolezza che Dio desidera ciò che è meglio per lui e per gli uomini, si consegna alla sua pietà rinnovatrice e all’intercessione della madre celeste Maria e dei santi, che lo aiutano sulla strada della vita. Alla messa e alla comunione, in compagnia di cristiani, che si affrettano verso la stessa meta, riceve nutrimento per la strada davanti a lui. Ritorna a casa con più profonda coscienza e con nuova forza per le decisioni, che lo porteranno alla riconciliazione e alla simbiosi con se stesso, con le persone vicine e col creato.
La Bibbia inizia con la descrizione della creazione del mondo e dell’uomo. Nell’armonia creata da Dio l’uomo ha provocato discordia e morte. Il racconto del peccato originale ci presenta un uomo che non è soddisfatto di ciò che Dio ha fatto per lui, ma che desidera di più. Il giardino dell’Eden, in cui Dio ha collocato l’uomo, è simbolo di come l’uomo abbia tutto ciò di cui ha bisogno. Ma, invece di essere felice e riconoscente a Dio per questo, l’uomo desidera di più: desidera essere come Dio. Il risultato è tragico: non solo non diventa come Dio – l’uomo perde il paradiso, ossia viene mandato in un mondo crudele e ostile.
Il peccato originale, a causa del quale il genere umano non riesce a essere riconoscente per ciò che ha e a godere in pace di ciò che Dio gli dà, provoca irrequietezza e ostilità nei rapporti interpersonali. Nel prossimo non vediamo più un fratello e una sorella, il figlio di Dio, ma un concorrente. Sorgono invidia, brama e odio. Similmente vale per il creato. Non lo percepiamo più come benevola casa, preparata da Dio per noi e a noi affidata per averne cura. Diventa a noi nemico e oggetto del nostro sfruttamento. Anche la Terra soffre per il peccato dell’uomo. Di ciò Papa Francesco scrive in modo convincente nell’enciclica Laudato si’.